Resina epossidica, cera, pelle, cinghie
Dimensioni varie
Il nucleo di opere si presenta come un’armeria medievale: una serie di busti e armature che lo spettatore decodifica come elementi della natura di forma antropomorfa. I pezzi sono esposti come trofei, corazze che sono state finalmente rimosse e depositate nello spazio.
Ciascuna di esse è frutto di una lenta campionatura dei segni di recisione e accrescimento di tante tipologie di piante: alcune più nette, altre più cicatrizzate, come tante ferite che si accostano e si sovrappongono.
Attraverso un processo di simbiosi e di contatto con il corpo, questi elementi diventano esoscheletri da indossare. Le ferite aperte, rimarginate o cicatrizzate raccontano il passaggio del tempo: mostrano senza pudore la vulnerabilità di chi le veste, dando testimonianza della forza acquisita in questa stratificazione fisica e interiore di esperienze vissute.
Le immagini che restituiscono la funzionalità delle armature sono disposte come stendardi calati dall’alto: un manifesto di comunione con la natura raccontata attraverso il corpo.
La composizione riecheggia posture classiche e strutture che richiamano la ritrattistica ufficiale. Il corpo mostrato diventa lo specchio universale in cui lo spettatore può leggere sulla propria pelle e quella altrui un vissuto comune.